Sebastiano Patanè – revisore legale ed esperto in cooperative
Tornando nuovamente sull’argomento delle cooperative sociali[1] e ricordandone gli aspetti peculiari di mutualità, al fine di favorire una migliore comprensione della problematica da trattare, viene proposta una specificazione sui soci cooperatori e una panoramica delle previsioni legislative sui soci volontari. Si procede, poi, a esaminare le successive indicazioni ministeriali sulla figura del socio volontario di una cooperativa sociale, fornite anche a seguito dell’emanazione delle nuove norme sull’impresa sociale e del CTS. Infine, viene presa in esame una recente Direttiva del Mimit, che ha introdotto rilevanti elementi di novità, cambiando radicalmente la posizione dell’Autorità di vigilanza in ordine all’eleggibilità dei soci volontari all’interno dell’organo di amministrazione delle cooperative sociali.
I requisiti mutualistici e gli aspetti della mutualità nelle cooperative sociali
Com’è noto, con la Riforma del diritto societario e l’introduzione del principio della mutualità prevalente, che caratterizza le società cooperative, alle cooperative sociali è stato riconosciuto “di diritto” il possesso del requisito della prevalenza per l’affermato principio della mutualità esterna[2], e ciò a prescindere dalla qualità e quantità di scambio mutualistico rilevabile con i soci cooperatori rispetto all’attività svolta con i terzi[3].
La figura del socio cooperatore
Nella disciplina giuridica delle cooperative, con il termine socio cooperatore si definisce il soggetto, sia esso persona fisica che giuridica, che partecipa allo scambio mutualistico con la cooperativa attraverso il conferimento di una prestazione lavorativa (parleremo allora di socio-lavoratore), di beni o servizi (avremo quindi un socio-conferitore) ovvero il godimento di beni o servizi forniti dalla cooperativa stessa (che definiremo socio-fruitore).
Lo scopo mutualistico nelle cooperative sociali e lo scambio con i soci cooperatori Secondo la legge speciale che le regolamenta[4], “le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”.
In base all’attività da esse svolta possiamo quindi distinguere cooperative sociali:
− di tipo A), che si occupano della “gestione di servizi socio-sanitari ed educativi, incluse le attività di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a), b), c), d), l), e p), del D.lgs. 3 luglio 2017, n. 112”[5]. In tali cooperative, il rapporto di scambio con i soci cooperatori è per lo più basato sul conferimento di una prestazione lavorativa, si tratta quindi essenzialmente di cooperative di lavoro. Esistono, tuttavia, società in cui i soci sono anche i fruitori dei servizi resi dalla cooperativa, ovvero cooperative che attuano entrambe le tipologie di scambio mutualistico con i propri soci. Avremo in questo caso cooperative sociali miste, A) e B);
− di tipo B), che curano “lo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate”. In questo caso, la prestazione lavorativa da parte del socio normodotato persegue anche una mutualità solidale, è infatti strumentale all’inserimento nelle attività sociali del socio svantaggiato.
La figura del socio volontario
La L. 381/1991 individua una particolare figura di socio, rinvenibile solo nelle cooperative sociali, che può specificamente essere prevista dagli statuti quale “socio volontario”[6].
Il socio volontario, che dal tenore della norma si desume possa essere solo una persona fisica, presta la propria opera senza ricevere alcun compenso e partecipa al perseguimento dello scopo sociale dell’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini, animato essenzialmente da uno spirito di solidarietà.
Tali soci, che non possono superare il 50% del totale della compagine sociale, debbono essere ben individuati e vanno iscritti in una “apposita sezione del libro soci”, ossia raggruppati in una parte ben definita del registro, dove vengono indicati in maniera aggregata i dati relativi ai singoli soci.
Data la natura gratuita della prestazione, a essi non si applicano le norme di legge e i contratti collettivi in materia di lavoro, ma solo, ove ne ricorrano i presupposti[7], quelle sull’assicurazione infortuni e le malattie professionali. Inoltre, per evitare che agli stessi vengano corrisposti compensi in maniera surrettizia, l’eventuale corresponsione di rimborsi spese deve seguire gli stessi criteri dei rimborsi riconosciuti ai soci retribuiti.
Infine, è previsto che nella gestione dei servizi sociosanitari, sulla base di contratti con P.A., i soci volontari possano essere utilizzati dalle cooperative sociali solo come ausilio ai soci ordinari e non possano sostituirli completamente. Tale prescrizione, unitamente al fatto che le loro prestazioni non concorrano alla determinazione dei costi di servizio, se non per gli oneri assicurativi e il rimborso delle spese, è finalizzata a evitare fenomeni di dumping e di concorrenza sleale nei confronti degli altri competitor.
Gli orientamenti ministeriali
Vediamo le varie prese di posizione da parte dell’Amministrazione: 1. Ministero del lavoro e della previdenza sociale, Direzione Generale della Cooperazione Divisione, circolare n. 116/1992: con riferimento ai soci volontari, la nota ministeriale, emanata a qualche mese dall’entrata in vigore della legge, precisava: “Accanto ai soci previsti per la generalità delle cooperative, la legge 381 consente che gli statuti delle cooperative prevedano la presenza dei soci volontari. Si tratta di soci che insieme agli altri partecipano al raggiungimento dello scopo sociale attraverso il loro apporto lavorativo. Pertanto, anche per i soci volontari, condizione per essere socio della cooperativa è la prestazione lavorativa, che in questo caso è resa gratuitamente. Ad essi, infatti, può essere corrisposto soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate ai sensi dell’art. 2, comma 4. I soci volontari non possono superare il 50% del numero complessivo dei soci (art. 2, comma 2), ed in quanto soci a tutti gli effetti, concorrono alla formazione del numero minimo per costituire la base sociale della cooperativa, secondo la normativa in atto per le diverse tipologie di società cooperative”;
2. D.M. 11 giugno1992, Ministero del lavoro e della previdenza sociale, recante: “Determinazione della retribuzione convenzionale ai fini dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei soci volontari delle cooperative sociali” che, appunto, con riferimento a tali oneri disponeva: “Con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 8 novembre 1991, n. 381, è assunta, a base del calcolo dei premi e delle prestazioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei soci volontari delle cooperative sociali che prestano la loro attività gratuitamente, una retribuzione convenzionale giornaliera di importo corrispondente alla misura del limite minimo di retribuzione giornaliera in vigore per tutte le contribuzioni dovute in materia di previdenza e assistenza sociale”;
3. nota congiunta tra il Mise (ora Mimit) e il Ministero del lavoro del 31 gennaio 2019, avente a oggetto “Applicazione alle cooperative sociali della disciplina in materia di impresa sociale di cui al Decreto Legislativo 112/2017 e s.m.i.”; in risposta a una richiesta di parere da parte delle associazioni di rappresentanza, tutela e revisione del movimento cooperativo e con riferimento ai volontari nell’impresa sociale, i 2 Dicasteri precisano che: “Con riferimento all’articolo 13, comma 2 riguardante la prestazione di attività di volontariato nelle imprese sociali, si ritiene che le cooperative sociali nell’impiego dei soci volontari debbano continuare ad attenersi alla disciplina di cui alla legge n. 381/1991 rispettando le percentuali previste dalla stessa”.
Da tale univoca presa di posizione, come rilevato anche dall’Alleanza delle cooperative italiane con, propria nota del 25 marzo 2021, sembra emergere che, al contrario degli altri enti del Terzo settore, alle cooperative sociali è preclusa la possibilità di impiegare volontari che non assumano lo status di soci. Per completezza, riferiamo che, in dottrina, esistono anche posizioni differenti[8]. Tuttavia, in ordine a una possibile eccezione sull’assenza di un esplicito divieto all’interno della norma, appare utile ricordare che, al tempo di emanazione della legge, antecedente alla Riforma del diritto societario, le cooperative potevano operare esclusivamente per il tramite dei propri soci. Infine, occorre considerare il fatto che L. 381/1991 non sia stato inserito alcun riferimento alla L. 266/1991 (Legge Quadro sul volontariato) precedente di pochi mesi.
Deve quindi ritenersi, che il Legislatore abbia ritenuto di voler tenere separati gli ambiti normativi; 4. nota n. 10979/2020, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in questo caso era stato richiesto al Ministero di pronunciarsi sull’applicabilità dell’articolo 17, comma 4, D.Lgs. 117/2017, alle cooperative sociali, con riferimento ai criteri di erogazione dei rimborsi spese ai soci volontari. Ricordiamo che, nel merito, il comma 4, articolo 2, L. 381/1991, prevede il solo rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, mentre, per il CTS[9], le spese sostenute dal volontario entro, certi limiti, possono essere rimborsate anche a fronte di un’autocertificazione.
Il Dicastero, sentito anche l’allora Mise rispondeva: “… è necessario evidenziare come la previsione contenuta all’art. 2 comma 4 della l. n. 381/1991 costituisca norma speciale in materia di disciplina dei rimborsi ai soci volontari; peraltro, la previsione della modalità di rimborso “semplificata”, prevista dal Codice del Terzo settore non si pone in contrasto con quella di cui alla citata l. n. 381/1991, costituendo essa una mera facoltà che l’ente potrebbe decidere di non esercitare, semplicemente non deliberando nulla a riguardo.
Tale posizione risulta condivisa dal Ministero dello sviluppo economico: partendo dall’assunto che “seguendo il principio della gerarchia delle fonti si può ragionevolmente ritenere che, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 117/2017 sopra citato, alle cooperative sociali si applichino gli articoli da 17 a 19 del d.lgs. n. 117/2017 … diretti a disciplinare la figura del volontario che svolge la propria attività tramite l’ente del Terzo settore”, considerato che “… l’esame di compatibilità effettuato non evidenzia nella citata legge n. 381 una norma ostativa all’applicazione dei suddetti articoli 17-19, ben potendosi interpretare la stessa come integrativa della disciplina speciale dettata dall’art. 2 della L. n. 381 per i soli soci volontari””. In definitiva, per le argomentazioni sopra esposte, si conferma l’applicabilità dell’articolo 17, comma 4, D.Lgs. 117/2017, ai soci volontari delle cooperative sociali, a condizione che ciò avvenga all’interno di una metodologia complessiva di quantificazione e rimborso delle spese, come previsto dal combinato disposto dell’articolo 2, comma 4, L. 381/1991 e dell’articolo 17, comma 4, D.Lgs. 117/2017;
5. Mimit, Direzione generale per la vigilanza sugli enti cooperativi e le società – nota del direttore generale del 3 aprile 2023, inviata a tutti i revisori.
Con la nota in esame, si afferma preliminarmente una netta distinzione tra la figura del “socio cooperatore” e quella del “socio volontario”: “Dalle risultanze dell’attività ispettiva eseguita sulle cooperative sociali è emerso che non sempre è correttamente osservata la distinzione esistente tra la figura del socio volontario e quella del socio cooperatore. Si è rilevato inoltre che, in alcune società cooperative, il Consiglio di Amministrazione è costituito in via esclusiva o maggioritaria da soci volontari, talvolta addirittura in accordo con le previsioni statutarie che dispongono in tal senso, ma con evidente violazione del precetto di cui al comma 3 dell’art. 2542 c.c., il quale, come è noto, dispone che “La maggioranza degli amministratori è scelta tra i soci cooperatori ovvero tra le persone indicate dai soci cooperatori persone giuridiche””.
Anche al fine di adottare criteri uniformi nell’esercizio delle funzioni di vigilanza appare opportuno quindi ribadire e, ove necessario, chiarire, gli elementi distintivi tra le 2 tipologie di soci.
In relazione ai soci cooperatori, con riferimento al perseguimento dello scopo mutualistico, la nota precisa: “… è evidente che i soci cooperatori sono coloro che, prestando l’attività professionale o lavorativa, acquistando o fornendo beni o servizi dalla, o alla, cooperativa, concorrono fattivamente al raggiungimento del cd “vantaggio mutualistico”, che si produce direttamente nella loro sfera giuridico-economica”.
Quanto invece ai soci volontari, ricordando le previsioni della L. 381/1991, se ne fornisce una definizione, richiamando specificamente le disposizioni che li regolano: “Con riferimento ai soci volontari, la disciplina delle cooperative sociali, contiene precipue disposizioni che ne regolano l’ammissione, il trattamento e le modalità di partecipazione allo scambio mutualistico. Infatti, a norma dell’art. 2 della legge cit.:
− i soci volontari prestano la propria attività gratuitamente (comma 1) e sono iscritti in un’apposita sezione del libro dei soci (comma 2, primo periodo);
− il loro numero non può superare la metà del numero complessivo dei soci (comma 2, secondo periodo);
− ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in materia di lavoro subordinato ed autonomo, ad eccezione delle norme in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (comma 3), ma può essere corrisposto loro soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate (comma 4);
− le prestazioni dei soci volontari possono essere utilizzate in misura complementare e non sostitutiva rispetto ai parametri di impiego di operatori professionali e le loro prestazioni non concorrono alla determinazione dei costi di servizio ….
Dal quadro normativo descritto emerge con chiarezza che i soci volontari non possono essere considerati al pari dei soci cooperatori e che, conseguentemente, non possono costituire la maggioranza dei componenti dell’organo amministrativo se non in violazione dell’art. 2542 co. 3 c.c. sopra citato. Cionondimeno i soci volontari, che prestano gratuitamente la loro opera di lavoro in favore della cooperativa al fine di contribuire al raggiungimento degli scopi sociali della medesima, è indubbio che possano essere nominati consiglieri in numero tale da non violare il precetto contenuto dal comma 3 dell’art. 2542”.
La Direttiva opera poi una serie di altri richiami: dalla non applicabilità ai soci volontari del regolamento ex L. 142/2001, alle figure dei soci sovventori, fino a concludere con precise indicazioni ai revisori per l’esercizio della vigilanza: “Tutto quanto sopra esposto, nell’esercizio dell’attività di vigilanza, va prestata massima attenzione al verificarsi delle situazioni descritte ed in particolare, laddove dovesse rilevarsi che l’organo amministrativo non è composto per la maggioranza da soci cooperatori, gli amministratori vanno diffidati a convocare, senza indugio, l’assemblea che proceda a nominare un nuovo consiglio in cui siano rispettati i requisiti di legge sopra richiamati. Con riferimento all’ultima fattispecie evidenziata, per quanto attiene all’eventuale previsione statutaria di parificazione tra soci volontari e soci cooperatori, con l’eventuale possibilità che i primi possano costituire la maggioranza dell’organo amministrativo, non si ritiene necessario irrogare la diffida alla modifica dello statuto, quanto piuttosto una raccomandazione all’organo
gestorio (verbalizzandolo nella sezione dedicata nel verbale “Eventuali suggerimenti e consigli”), di procedere alla prima occasione utile a modificare lo statuto e rettificare le previsioni in contrasto col dettato normativo”;
6. Mimit, Dipartimento per i servizi interni, finanziari, territoriali e di vigilanza – Direzione generale servizi di vigilanza – Divisione III – Vigilanza sul sistema cooperativo – circolare a firma del direttore generale, inviata a tutti i revisori e alle Associazioni di rappresentanza, tutela e revisione del movimento cooperativo.
Questa recente nota, nel richiamare la Direttiva del 2003, reca in oggetto: “Ulteriori chiarimenti in merito ai soci volontari nei CdA delle cooperative sociali”: “Si richiamano le indicazioni fornite da questa Direzione Generale con la nota in oggetto emarginata, riguardanti il ruolo dei soci volontari nelle società cooperative sociali di tipo a) e di tipo b) che qui si richiamano. Valutate tuttavia, le risultanze dell’attività ispettiva espletata sugli enti in argomento, questo Ufficio ritiene di dover fornire ulteriori chiarimenti sulla partecipazione dei soci volontari ai Consigli di amministrazione delle cooperative sociali.
Come è noto, il quadro normativo vigente non esclude, sic et simpliciter, la possibilità che l’organo di governance sia composto da soli soci volontari. Infatti, il dato empirico ha mostrato che, in alcune particolari situazioni, solo i soci volontari hanno i requisiti e le capacità di assumere il ruolo di componente del Consiglio di amministrazione della società.
A conferma di ciò, si ricorda che laddove il legislatore abbia voluto limitare l’ambito di operatività di una determinata categoria di soci (come nel caso dei soci sovventori che ex art. 4 co, 3. L. 59/92 possono essere nominati amministratori ma la maggioranza del Consiglio deve essere costituita da soci cooperatori), ha esplicitamente disciplinato la fattispecie.
Pertanto, in assenza di espressa contraria previsione, è da ritenersi regolare il Consiglio di amministrazione di una cooperativa sociale composto integralmente da soci volontari.
In tali casi, tuttavia, è necessaria una verifica più approfondita dell’attività svolta in concreto dai componenti dell’Organo amministrativo, ponendo particolare attenzione sul ruolo esercitato dai soci volontari nominati nel Consiglio di amministrazione.
Il revisore deve pertanto accertare la partecipazione concreta alle adunanze del consiglio, il contributo effettivo alle scelte gestionali e l’apporto decisionale, l’esercizio della rappresentanza e ogni altro aspetto tipico del ruolo conferitogli dall’assemblea.
Nel caso in cui, dall’analisi suddetta, emergano difformità rispetto a quanto sopra indicato, il revisore deve valutare se l’irregolarità è sanabile e, pertanto, diffidare l’ente a revocare l’amministratore socio volontario, ovvero indagare se il consiglio così composto ha di fatto minato la natura mutualistica dell’ente e, conseguentemente, proporre l’adozione del provvedimento ritenuto idoneo.
La presente direttiva integra e modifica la nota n. 104669 del 3 aprile 2023”.
Conclusioni
Come è agevole verificare dal confronto dell’ultima nota con quella del 2003, è possibile osservare che i 2 documenti arrivano a conclusioni totalmente diverse:
− la circolare del 2003 riteneva i soci volontari non equiparabili ai soci cooperatori e, pertanto, escludeva l’ipotesi di un CdA composto in prevalenza dai soci volontari, dando direttive ai revisori per diffidare le cooperative in verifica a modificare la composizione dell’organo amministrativo;
− la nuova circolare, evidentemente frutto di un confronto con le realtà esistenti e le associazioni di rappresentanza, ha riconsiderato la questione, arrivando a non escludere un CdA interamente composto da soci volontari.
Le 2 note appaiono in contrasto tra loro, ma possiamo ritenere vigente la più recente e ritenere, altresì, che esse rappresentino la conseguenza di una sana dialettica tra le istituzioni e il mondo cooperativo, che consente di analizzare e interpretare correttamente le previsioni meno chiare di alcune norme, fino a governarne l’evoluzione e l’adeguamento alle mutate esigenze della società civile.
Tale posizione risulta condivisa dal Ministero dello sviluppo economico: partendo dall’assunto che “seguendo il principio della gerarchia delle fonti si può ragionevolmente ritenere che, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 117/2017 sopra citato, alle cooperative sociali si applichino gli articoli da 17 a 19 del d.lgs. n. 117/2017 … diretti a disciplinare la figura del volontario che svolge la propria attività tramite l’ente del Terzo settore”, considerato che “… l’esame di compatibilità effettuato non evidenzia nella citata legge n. 381 una norma ostativa all’applicazione dei suddetti articoli 17-19, ben potendosi interpretare la stessa come integrativa della disciplina speciale dettata dall’art. 2 della L. n. 381 per i soli soci volontari””. In definitiva, per le argomentazioni sopra esposte, si conferma l’applicabilità dell’articolo 17, comma 4, D.Lgs. 117/2017, ai soci volontari delle cooperative sociali, a condizione che ciò avvenga all’interno di una metodologia complessiva di quantificazione e rimborso delle spese, come previsto dal combinato disposto dell’articolo 2, comma 4, L. 381/1991 e dell’articolo 17, comma 4, D.Lgs. 117/2017;
5. Mimit, Direzione generale per la vigilanza sugli enti cooperativi e le società – nota del direttore generale del 3 aprile 2023, inviata a tutti i revisori.